BILLIE EILISH, ARTISTA DELL’ANNO (E DEL FUTURO)

Billie Eilish è la risposta migliore possibile ad una domanda sempre più urgente e pericolosa. La domanda è: “esiste una possibilità di redenzione in questo mondo rimanendo dentro a questo mondo?”. Billie è la luce che potrebbe indicarci la via, Billie è ovviamente una risposta affermativa a quella domanda.

Da dove inizia la decadenza culturale che pare inarrestabile? Esistevano dei punti di riferimento fissi tempo fa, che erano anche culturali e sociali. La civiltà contadina ad esempio, pur non propugnando un sapere intellettuale, aveva codici valoriali che insegnavano una cultura altissima e una capacità di comprendere la vita direttamente legata alla natura stessa e alla comunità come scambio. Tutto questo non esiste più, qui come oltre oceano, così come non esiste più un sistema di comunicazione che aiuti a ritrovarsi nella giungla della conoscenza. Tutto è confuso, smemorato e arrogante. Il mondo prima che Billie nascesse (2001) si reggeva su un sistema barcollante ma autorevole. Esisteva memoria, scuola, storia. Oggi i social, il populismo, il politicamente corretto, e ancora i social, hanno provocato la crisi apparentemente definitiva del progresso inteso come miglioramento dell’uomo, come propensione ad un nuovo umanesimo.

Che c’entra Billie con tutto questo? C’entra eccome. Billie è figlia del presente fino al midollo ma d’un tratto ci mostra questo presente così decomposto come qualcosa di sano e foriero di speranze. È una sorta di rivoluzione copernicana contro la altrimenti legittima disillusione. Lei è normale nel senso alto del termine. È una bambina prodigio da una famiglia speciale con un fratello assolutamente speciale. Ma è normale. La depressione l’ha colta giovanissima perché la normalità di una ragazzina che fa una vita tutt’altro che normale alla fine si paga, e così lei ne parla e scrive pure un pezzo sulla generazione xanax, liberando d’un tratto le ritrosie di un mondo in cui ormai la terapia è una moda e la salute mentale precaria un vezzo e spiega che star male è una cosa seria, altro che trend topic. Billie ha la sindrome di tourette sopra il conto, ma quasi ci ride sopra e scopre che chiedere ad un altro “come stai?” è una delle più grandi stronzate si possa fare perché non sono le parole, non sono le pressioni o i luoghi comuni a far star meglio, ma è l’amore, il contatto, spesso anche solo il silenzio. E che questa umanità sempre più suscettibile deve tirar fuori le palle, e smetterla di lamentarsi e correre dalla mamma. Eppure il suo successo parte da internet, con un video che serviva per il suo insegnante di danza che diventa virale in un baleno. Parte da instagram dove arriva a decine di milioni di followers che si sentono normali anche loro, come lei, che tutto è tranne che una squallida influencer.

Billie ha diciott’anni ma ha una sensibilità senza età, per quello piace a tutti. Billie salta come un punk, si veste come uno skatebaordista spocchioso, rifiuta il mito dell’esposizione del corpo eppur rimane di un fascino estremo. Billie si comporta da ragazzina, quale è, ma non è una ribelle senza causa e sa calarsi subito nei panni di un integerrima professionista del music business quando è il momento. Billie ha fatto un disco splendido, con suo fratello, nella sua cameretta, ed ha cambiato il presente e forse il futuro del concetto stesso di mainstream pop. Billie vuole la fama, la cerca, ma rimane quella che fa le facce e le corna nelle foto. Si fa male a Milano saltando sul palco a un suo concerto e piange perché sente che non sta dando al pubblico quello che il pubblico vuole. Perché lei è sempre totalmente reale, ed è la cosa più lontana possibile dal fenomeno progettato a tavolino che ha letteralmente invaso quasi ogni settore ormai. Scrive testi pieni di realtà viscerali, di desideri di suicidio, di depressione, di solitudine, di inquietudini adolescenziali che non suonano MAI come SOLO adolescenziali. Mescola hip hop a ballate malinconiche a riempipista con cassa dritta in quarti. Si emoziona quando incontra il suo amore impossibile di gioventù Justin Bieber, vive ancora coi suoi anche se è già milionaria.

La guardi e sorridi perché è quello che sei tu anche se non fai quello che fa lei, ma è l’eterna leggerezza della giovinezza e l’immenso mistero della tristezza da scacciare ogni giorno, è l’arte che salva la vita, è prendere sul serio quel che si fa ma non prendere mai sul serio se stessi. E se di anni ne hai 30, o 50, o 70, in fondo guardando sta ragazza ti senti simile a lei, perché lei ti tira fuori quello che pensavi dovesse ormai essere confinato nella soffitta delle tue emozioni edulcorate dal tempo. Ti vien da abbracciarla forte Billie. Ora il mondo, non solo quello della canzone, ha un punto di riferimento talmente speciale e diverso con cui fare i conti che forse ha ragione uno dei suoi tanti fan vip, Dave Grohl, che l’ha definita come “i nirvana degli anni 20”. Quest’anno è stata in testa praticamente a tutte le classifiche del mondo conosciuto. Da sola, a 18 anni, una specie di mito. Almeno per me.

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